Durante le Olimpiadi estive del 1972 a Monaco, una squadra di trasmissione sportiva americana deve prepararsi a trasmettere in diretta la presa in ostaggio di atleti israeliani da parte di un gruppo terroristico. Titolo del film: 5 settembre Regista: Tim Fehlbaum Sceneggiatori: Moritz Binder Tim Fehlbaum Alex David Società di produzione: BerghausWöbke Filmproduktion, Projected Picture Works, Constantin Film, Edgar Reitz Filmstiftung Data di uscita (USA, ampia): 13 dicembre 2024 Valutazione di Capone: 4⭐ su 5⭐È difficile da descrivere, perché sono sicuro che sia uno dei motivi (tra i tanti) per cui il film è stato difficile da scrivere e produrre. Non si può sfuggire all’associazione che questo film avrà con Munich (2005) di Spielberg. Nel film di Spielberg, abbiamo un breve riassunto della farsa del 5 settembre 1972, e poi le conseguenze dettagliate e lunghe: la caccia ai colpevoli. Nel film di Fehlbaum, siamo immersi nelle notizie del giorno, letteralmente, poiché il film racconta la storia della crisi degli ostaggi dal punto di vista della troupe cinematografica della ABC che cerca di coprirla in modo efficace.
Conoscendo così bene il contesto dei film, metterò da parte il film del 2005 e mi concentrerò sul nuovo film con la sua nuova interpretazione di questo evento orribile. Cominciamo con tutte le cose che il film ha da offrire. Ricordando La parola ai giurati (1957), il film era quasi un film ambientato in una sola stanza. Tutta l’azione nel film si svolge nello studio della ABC, dove si guarda il mondo esterno attraverso una telecamera o (per momenti estremamente brevi) dal patio esterno. Una volta che iniziamo, in nessun punto la lente narrativa passa a un’inquadratura ampia dell’edificio dello studio, a sorvoli della città o offre una prospettiva diversa da quella che si può ottenere da e con la troupe che presidia la stazione in un giorno delle Olimpiadi di Monaco del 1972.
Tutto si svolge in poche stanze: il centro di controllo, il laboratorio cinematografico, la sala dei sottotitoli, la sala di riproduzione e montaggio e forse un altro posto nell’edificio. (Anche La parola ai giurati ha scene in tribunale.) L’effetto di questa scelta da sola è di collocare il pubblico esattamente dove si trova la troupe di produzione, dalla prospettiva di ciò che è familiare e riconoscibile. Ciò aumenta la tensione, ma non come espediente narrativo, bensì come rappresentazione emotivamente efficace della realtà di queste circostanze. Se a questo aggiungiamo la ripresa con telecamera a mano e il fatto che non possiamo sentire l’altra estremità delle chiamate che non vengono trasmesse nella stanza, insieme ad altre decisioni di regia e montaggio, otteniamo una portata molto limitata di ciò che noi, il pubblico, possiamo capire del mondo al di fuori di quello studio televisivo. Queste decisioni hanno avuto un impatto forte e chiaro su questo spettatore.
Le performance in questo film sono state nel complesso di prim’ordine. Ho apprezzato la musica, la maggior parte ma non tutte le decisioni di ripresa con telecamera a mano rispetto alla Steadicam e il posizionamento della telecamera in relazione agli attori e all’azione. Questi elementi di regia e recitazione hanno dato una forza innegabile alla sceneggiatura, che è emersa come una storia potente e stimolante (non solo provocatoria) di per sé. In un certo senso. Chiamatele “opportunità perse”.
Una. C’è un esame esplicito dell’ottica e del loro reale impatto emotivo collettivo su un paese e la sua gente che non sono riusciti a proteggere i visitatori ebrei, in un momento in cui il cameratismo internazionale è la parola d’ordine del momento e la possibilità di fare “riparazioni” esiste (anche se, come qualsiasi tedesco o ebreo vi dirà, fare riparazioni per l’Olocausto non è possibile), attraverso un’interazione tra l’ex oppressore e il visitatore fuggitivo.
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